Con il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, introdotto dal decreto legislativo n. 14 del 12 gennaio 2019, alcune regole che tracciano l’assetto organizzativo societario vengono modificate.
In particolare, l’articolo 375 del suddetto codice modifica l’articolo 2086 del Codice civile, aggiungendo un secondo comma.
L’articolo, il quale era rubricato “Direzione e gerarchia dell’impresa”, oggi compare sotto il titolo di “Gestione dell’impresa” ed è così formulato: “l’imprenditore è il capo dell’impresa e da lui dipendono gerarchicamente i suoi collaboratori. L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.
L’articolo in oggetto è, tra l’altro, già in vigore dal 16 marzo 2019 poiché, nonostante le procedure di allerta non siano ancora entrate in vigore, il legislatore ha ritenuto opportuno predisporre le misure organizzative con adeguato anticipo rispetto all’attuazione del sistema di monitoraggio anche per consentire poi l’immediata operatività quando entreranno in vigore le norme che lo disciplinano1.
Un articolo “ponte” tra diritto societario e diritto delle procedure concorsuali
La struttura organizzativa dell’impresa, nel Codice civile del 1942 era affidata ad uno scarno principio generalissimo: “L’imprenditore è il capo dell’impresa” (articolo 2086 c.c.)2.
Difatti, l’organizzazione dell’impresa societaria era lasciata completamente all’autonomia privata.
Il diritto societario ed il diritto concorsuale camminavano su due linee parallele poiché l’uno non si occupava ancora di predisporre assetti organizzativi che prevenissero lo stato di crisi e l’altro era focalizzato sull’insolvenza.
Nel 2003 ci fu un’evoluzione fondamentale: il legislatore introdusse, nel diritto societario, i principi di corretta amministrazione (ex. art. 2403 c.c. ed ex art. 149 del t.u.f.) e l’obbligo di dotare l’impresa azionaria di assetti organizzativi adeguati (artt. 2381 e 2403 c.c.).
Da qui in avanti, gli amministratori devono rispettare i principi di correttezza gestoria, conosciuti anche come best practices.
Anche il diritto concorsuale muove passi verso il terreno della prevenzione con una serie di riforme (nel 2005-2006; 2012-2015) in tema di piani di risanamento, accordi di ristrutturazione dei debiti, concordato preventivo con riserva e concordato preventivo in continuità aziendale.
Con il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, all’articolo 3, si prevede che sia l’imprenditore individuale, sia quello collettivo, adottino rispettivamente “misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e assumere le iniziative necessarie a farvi fronte” ed un “assetto organizzativo adeguato ai sensi dell’articolo 2086 del Codice civile ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell’assunzione di idonee iniziative”.
Il diritto societario s’interseca sempre di più con quello concorsuale, tant’è vero che si è parlato di un vero e proprio diritto concorsuale societario3.
Pertanto, sia l’imprenditore individuale sia quello collettivo devono far sì che, all’interno della propria impresa, lo stato di crisi possa essere velocemente rilevato in modo tale da potervi far fronte.
Di conseguenza la lettura degli articoli 3 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza e dell’articolo 2086 del Codice civile va effettuata in parallelo con l’analisi dell’articolo 2 del nuovo codice, il quale definisce la crisi4 come “lo stato di difficoltà economico-finanziaria che rende probabile l’insolvenza del debitore e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate”.
Nonostante la giurisprudenza abbia già assimilato la crisi, così come descritta dall’articolo 2, ad un’ “insolvenza prospettica”5 è innegabile che l’aver individuato una definizione della stessa permette alle imprese di identificarla e, successivamente, contrastarla con il tramite degli strumenti offerti dall’ordinamento.
Un nuovo obbligo in capo all’organo amministrativo
Con l’articolo 2086 c.c. nasce un nuovo tipo di obbligo in capo all’organo amministrativo: gestire l’impresa, dotandola di assetti organizzativi amministrativi e contabili adeguati al fine di rilevare la crisi d’impresa.
L’istituzione di adeguati assetti tout court non è una novità per il nostro ordinamento poiché, anche prima della riforma, vi era un obbligo generale in tal senso (artt 2381 c. 5 e 2403 c. 1 del Codice civile). La novità sussiste nell’ottemperare quest’obbligo al fine di poter rilevare la crisi d’impresa.
In altre parole l’impresa deve avere una struttura organizzativa tale da non ignorare il fenomeno della crisi, ma, al contrario, rilevarlo quanto prima.
Anche se l’articolo 2086 c.c. affida questo compito, in maniera generale, all’imprenditore, è dalla lettura degli articoli 2257, 2380-bis, 2409-novies, 2475 del Codice civile, i quali parlano rispettivamente di amministrazione disgiuntiva nelle società di persone, amministrazione della S.p.A, consiglio di gestione, amministrazione della S.r.l., che si comprende come l’organo amministrativo sia l’esclusivo responsabile della gestione dell’impresa ai fini della tempestiva rilevazione della crisi.
Prima dell’intervento del nuovo codice, soltanto i soggetti che dovevano redigere il bilancio erano tenuti a compiere una valutazione prognostica conseguente ad una pianificazione finanziaria, ai sensi dell’articolo 2423 bis, 1° comma, n.1 del Codice civile.
Questo nuovo obbligo sorge, ora, in capo all’organo amministrativo a prescindere dal tipo di società e a prescindere dalla redazione del bilancio di esercizio.
Per un verso, pertanto, si identificano “alcuni responsabili necessari, in quanto titolari di una posizione di garanzia, dell’adeguata organizzazione, del monitoraggio e dei conseguenti obblighi di salvataggio” per un altro, però, aggiunge l’autore, “tale obiettivo è stato perseguito anche a costo di negare la realtà (per le imprese in cui i soci contano più degli amministratori), la tradizione legislativa (per le società di persone) e gli intenti proclamati dagli autori della riforma di quindici anni fa (per le società a responsabilità limitata)6”.
Resta il dubbio dell’applicabilità del Business judgment rule, ossia l’insindacabilità degli atti gestori degli amministratori, ed in che modo possa applicarsi il suddetto istituto alle decisioni, degli amministratori, che concernono la scelta di un assetto organizzativo adeguato alla rilevazione della crisi.
Si ritene che, in conformità con la BJR, sia possibile realizzare una pluralità di assetti organizzativi tutti adeguati, perché tutti idonei a cogliere adeguatamente i segnali di crisi7.
Tuttavia, vi è il rischio di un giudizio a posteriori negativo sull’adeguatezza o meno della struttura organizzativa, scaturito dal presentarsi della crisi il quale potrebbe essere l’elemento sufficiente a dimostrare l’inadeguatezza della struttura organizzativa stessa e, di conseguenza, determinare la responsabilità dell’organo amministrativo.
Si tratterebbe di un vero e proprio circolo vizioso che, tra l’altro, influirebbe nelle scelte dell’organo decisionale.
Perciò si ritiene che il giudizio circa l’aver ottemperato o meno al proprio dovere di amministratore ex. Art. 2086 c.c., andrà fatto tenendo conto della situazione, in cui l’impresa versava, così come si presentava ante crisi.
L’articolo 2086 c.c. ed il “Decreto Liquidità”
In seguito all’emergenza Covid-19, il legislatore nazionale è intervenuto in materia concorsuale attraverso il “Decreto Liquidità” (d.l. 8 aprile 2020, n. 23).
Tra le varie disposizioni, si prevede che l’entrata in vigore del Codice della crisi sia rinviata al 1 settembre 2021.
Mentre, quindi, le procedure di allerta diventeranno obbligatorie a fine 2021, la previsione dell’articolo 2086 c.c. rimane in vigore, poiché, come pensato dal legislatore, se i sistemi di allerta presuppongono un costo insostenibile per le imprese in un tale momento storico, ciò non toglie che si possa lo stesso adempiere agli obblighi previsti dall’articolo in esame.
Nonostante ciò, si è notato8 come vi sia all’interno del Decreto Liquidità una norma che, consentendo la valutazione delle voci del bilancio nella prospettiva della continuità aziendale se sussistente al 23 febbraio 2020, remi contro l’obbiettivo prefissato dall’articolo 2086 c.c.
E ciò perché gli imprenditori potrebbero, in conseguenza a tale previsione, considerare superfluo il munire la propria impresa di assetti organizzativi, contabili e amministrativi adeguati.
1F. LAMANNA, Il Civilista: Il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (I), Milano, Giuffré, 2019, 37.
2Di per sé considerato inutile poiché nulla aggiunge e nulla toglie all’articolo 2094 del Codice civile, secondo M.S. SPOLIDORO, Note critiche sulla “gestione dell’impresa” nel nuovo art. 2086 c.c. (con una postilla sul ruolo dei soci), Riv. Soc., 2019.
3L.A. BOTTAI, Le modifiche al codice civile dettate dalla L.n. 155/2017 e l’affermazione del “diritto concorsuale societario”, ilfallimentarista, 23 aprile 2018.
4Il concetto di “crisi” viene definito per la prima volta con il nuovo Codice poiché il decreto legislativo n. 273/2005 convertito, con modificazioni dalla legge n. 51/2006, aveva introdotto il concetto di crisi all’interno della Legge fallimentare all’articolo 160 limitandosi a specificare che “ai fini di cui al primo comma per stato di crisi s’intende anche lo stato di insolvenza”, andando a circoscrivere la crisi come genus rispetto alla species dell’insolvenza.